Arredo Urbano, impara a conoscerlo con Giwa

Come l’arredo urbano entra nelle nostre vite e nelle nostre strade.

Viviamo in un’epoca che ricorre in misura massiccia slogan, formule, frasi fatte e definizioni ad effetto il cui obbiettivo, studiato dagli esperti di comunicazione è quello di stupire, attirare, rendere tutto una strabiliante novità, ammantare il mondo in cui viviamo di una patina scintillante, curiosa, eccezionale, nonostante i grandi problemi politici, sociali e climatico-ambientali che lo affliggono. Questo fenomeno riguarda anche gli ambiti dell’architettura e del design.

Attenzione però a cadere nell’errore di pensare che dietro ogni etichetta ci sia sempre il vuoto concettuale.

Nel caso del cosiddetto street furniture o arredo urbano, ad esempio, al netto della percentuale variabile di enfasi pubblicitaria che riguarda ormai praticamente ogni settore disciplinare, c’è anche molta sostanza. Infatti, chi lavora a vario titolo nell’ambito dell’arredo urbano si muove entro una rete complessa e interrelata di concetti e parametri legati certamente ad architettura, design e urbanistica, ma anche sociologia ed economia e, come più avanti vedremo, alla stessa comunicazione.

L’arredo urbano si occupa, com’è noto, di pensare e realizzare qualsiasi oggetto di varie dimensioni si possa definire un complemento d’arredo per i nostri ambienti cittadini, che – evidentemente – non sono costituiti solo dalle grandi infrastrutture e dagli edifici. Essi sono complesse e articolate scenografie, che vivono grazie ai loro scheletri strutturali ma anche, in misura non inferiore, grazie a una serie di elementi funzionali e/o di decoro.

Dunque un progetto di arredo urbano non è realizzazione facile o banale come forse si potrebbe superficialmente pensare. Perché l’inserimento di complementi d’arredo nella città, che si lavori su un contesto già dato o progettato insieme allo studio di detti complementi (ad esempio nel caso della progettazione di nuovi quartieri, o della conversione di aree urbane a nuove funzioni, entrambi casi assai frequenti entro i processi di trasformazione delle città), nasce da un processo analitico e progettuale minuzioso.

Tale processo deve arrivare a dotare la città di equipaggiamenti fissi e mobili i quali, almeno in linea teorica, dovrebbero corrispondere a un’immagine minimamente coordinata, e per di più molto spesso devono soddisfare non solo un’esigenza puramente estetica, ma anche funzionale.

Un punto cruciale poi, dentro questa cornice di azione, è che i progettisti non possono esimersi dal tenere conto delle esigenze, nonché delle aspettative e dei gusti estetici, di chi le città le governa e le abita. Questo non è facile, perché non parliamo di scale ridotte e della soddisfazione del cliente singolo (già spesso complessa da risolvere), ma di una collettività abitata da molteplici anime e sensibilità.

Ma è vero anche il contrario, cioè che le realizzazioni di arredo urbano hanno potenzialmente la capacità di plasmare i gusti e le abitudini visive dei fruitori, spingendo il “gusto collettivo” verso nuovi orizzonti; un processo virtuoso che in alcuni casi vediamo già in atto.

Il versante negativo della relazione fra progetto e fruitori è invece quello che si manifesta quando, anziché trarre giovamento dai nuovi innesti e inserimenti di arredo urbano, le necessità pratiche e l’estetica degli spazi urbani subiscono contraccolpi. E purtroppo, anche sotto questo aspetto gli esempi in Italia come all’estero non mancano.

Quelli sopradescritti sono tutti fattori e implicazioni assai delicati della progettazione dello street furniture. Ne consegue che i teorici e i progettisti devono muoversi non solo sulla base delle loro competenze tecniche, ma con grande consapevolezza, sensibilità e lungimiranza.

Devono cioè saper intercettare i bisogni e la sensibilità estetica dei luoghi, che muteranno anche sostanzialmente a seguito dei loro interventi, e pensare non solo la vita immediata ma anche quella futura delle loro proposte (e dei contesti in cui vanno a inserirsi), proposte che potranno cambiare in meglio o in peggio la qualità della vita dei cittadini. Il tutto passando attraverso un inevitabile confronto e il dialogo con i politici e gli amministratori delle città.

Elementi costitutivi essenziali

Se consideriamo più da vicino gli elementi costitutivi dell’arredo urbano, è facile renderci conto di quanto essi rivestano un ruolo assolutamente centrale per il quotidiano dei cittadini.

La segnaletica è di primaria importanza per la gestione della viabilità e del traffico, specialmente nelle metropoli più affollate e congestionate. Agevola inoltre il lavoro del personale specializzato, come gli operatori ecologici, il personale medico e paramedico che interviene nelle situazioni di emergenza, gli addetti alla consegna di corrispondenza e merci.

Sempre sotto il capitolo “viabilità e traffico” ricadono anche elementi quali dissuasori di sosta fissi e retrattili, barriere pedonali, torrette a scomparsa. C’è il capitolo cruciale dell’illuminazione delle strade, delle aree verdi, di alcuni edifici pubblici e istituzionali.

Ci sono elementi legati al mantenimento dell’igiene e dell’ordine quali i cestini e tutti i contenitori per le raccolte differenziate di rifiuti, di primaria importanza in relazione al rispetto dell’ambiente.

L’arredo urbano segue passo passo i grandi processi di mutazione sociale sia dal punto di vista dei progressi, sia da quello dei nodi problematici con cui ci confrontiamo nelle società del Terzo Millennio.

Ne consegue che se alcune delle sue componenti vanno progressivamente scomparendo – pensiamo ad esempio alle cabine e alle postazioni telefoniche – altri, viceversa, diventano sempre più rilevanti in un’ottica di ripensamento della mobilità per migliorare le condizioni del traffico e intervenire incisivamente sul grave problema dell’inquinamento.

Basti pensare alle postazioni per le biciclette, siano esse di proprietà del cittadino o messe a disposizione dalla pubblica amministrazione.
Un corposo e complesso capitolo è anche quello delle attrezzature per parchi e giardini (capitolo di cui peraltro ci siamo più volte occupati in questa sede): sedute, aree ristoro, giochi per i bambini, il tutto possibilmente inclusivo rispetto alle esigenze dei soggetti disabili.

Anche in questo caso, occuparsi di progettazione significa occuparsi sostanzialmente di come rendere più vivibili i nostri spazi urbani, cioè di un tema sociale delicatissimo.

Senza dire, infine, degli elementi funzionali alla trasmissione di messaggi pubblicitari, dalla piccola alla grande/grandissima dimensione (strutture per cartelloni, bacheche, espositori di varia forma, totem, colonne, gazebo ecc.). Un aspetto che certamente nel nostro sistema sociale e culturale, dominato dalla comunicazione a scopo di vendita, è tutt’altro che marginale; e lo dimostra proprio l’aumento esponenziale di queste strutture nelle nostre città.

La normativa

Se finora abbiamo fatto considerazioni valide per l’Italia come per molte realtà estere, per quanto concerne l’aspetto fondamentale della normativa dobbiamo qui necessariamente limitarci a una disamina della situazione del nostro Paese.

La situazione italiana sotto questo profilo non è omogenea, in quanto sono soprattutto le grandi città e quelle che conosciamo come “città storiche” ad essersi dotate di un Regolamento per l’arredo e il decoro dell’ambiente urbano, testo che indicizza e disciplina l’impiego di elementi genericamente definiti “di arredo urbano” utilizzabili nel proprio territorio.

Nonostante questa difformità, però, esiste per alcune indicazioni generali relative agli arredi un riferimento comune: come per altri vari aspetti della progettazione di cui abbiamo parlato in numerose occasioni, si tratta delle norme UNI, in particolare UNI 11248 e UNI EN 13201 per l’illuminazione pubblica stradale, e UNI 11306 per le panchine.

La UNI 11248 proponeva già nella sua prima versione una classificazione delle strade, definendo così un metodo per determinare la classe illuminotecnica in funzione di alcuni parametri specifici, come la complessità del campo visivo, la luminosità dell’ambiente, il tipo di sorgente utilizzato, il flusso di traffico. Distingueva inoltre delle zone di studio, cioè le parti di strada considerate per la progettazione di un impianto di illuminazione: zone a traffico veicolare, piste ciclabili e zone pedonali, zone di conflitto e zone per dispositivi rallentatori e attraversamenti pedonali.

Nel 2016 la UNI 11248 è stata revisionata per adeguarla alla UNI EN 13201, implementata nello stesso anno, ed è estremamente interessante osservare che la nuova versione si concentra sul risparmio energetico e sulla conseguente riduzione dell’inquinamento.

La UNI 11306 “definisce i requisiti e i metodi di prova per le panchine fisse e amovibili per arredo urbano, indipendentemente dalla loro forma. La norma stabilisce che – indipendentemente dal tipo di materiale utilizzato – sia le panchine fisse che quelle amovibili devono rispettare alcuni precisi criteri di progettazione e fabbricazione: ad esempio la struttura e la forma della panchina devono essere tali da garantire il completo deflusso dell’acqua piovana e/o di lavaggio e la forma deve essere tale da non trattenere lo sporco e da permettere un’agevole pulizia. Inoltre la panchina deve essere progettata in modo da ridurre al minimo i rischi di lesioni per l’utilizzatore, (…). Caratteristica fondamentale della panchina è evidentemente la stabilità.

Questa caratteristica viene verificata mediante prove specifiche fra cui – ad esempio – la prova di ribaltamento all’indietro

Oltre alle UNI, si possono poi citare come punti di riferimento per l’arredo urbano italiano alcuni atti normativi statali: il d.lgs. n. 42/2004 – Codice dei beni culturali e del paesaggio, il dpr n. 380/2001 – Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, e il dm 37/2008 – Norme per la sicurezza degli impianti.

Linee guida per la progettazione

Anche il settore progettuale dell’arredo urbano sta assorbendo ultimamente la tendenza a prestare maggior attenzione agli aspetti riguardanti la relazione del manufatto con l’ambiente circostante, all’insegna del rispetto per quest’ultimo.

Una conseguenza positiva evidente di questo modo “virtuoso” di progettare, è che gli oggetti di uso comune abituano le masse a muoversi e comportarsi in maniera a loro volta più rispettosa del contesto ambientale. Inoltre, favoriscono la fruizione degli spazi pubblici e quindi l’incontro e la socialità.

Dato che va imponendosi il principio della conciliazione fra la funzionalità e l’estetica, un Piano di arredo urbano non può esimersi da uno studio quanto mai attento e scrupoloso della realtà fisica, sociale e culturale in cui si inseriranno i complementi d’arredo. In caso contrario, infatti, difficilmente sarà in grado di fornire linee e indirizzi progettuali validi e utili.

La tecnologia di cui oggi disponiamo mette poi a disposizione dei progettisti dei repertori, di vastità e completezza un tempo impensabili, dai quali attingere. Si tratta di cataloghi e librerie di oggetti BIM costituiti da archivi di blocchi quali segnaletica, alberi, panchine, lampioni, ecc.

L’acronimo sta per Building Information Modeling: non un programma, ma una vera e propria metodologia che consente di generare un modello virtuale del costruito in grado di contenere tutte le informazioni sullo stesso (architettoniche, strutturali, impiantistiche, di efficientamento energetico, ecc.), non solo per la fase di progetto ma per l’intero ciclo di vita della costruzione.

Tutto quanto sopraesposto pone in luce la rilevanza indiscutibile dell’arredo urbano quale direttrice di ricerca del tutto allineata ai più recenti e futuristici sviluppi della progettazione, e quale disciplina capace di intervenire con voce autorevole nel complesso gioco di confronto e scambio che, nel mondo attuale, è in atto fra tutti gli ambiti del sapere e conduce a plasmare gli scenari attuali e futuri del nostro quotidiano.

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